Nuova frontiera per i parchi USA


"Il pubblico vede i parchi nazionali quasi come una metafora dell'America. Ma c'è un'altra immagine che emerge, quella di un parco nazionale visto come un gigante addormentato, certo amato e rispettato, ma forse troppo resistente al cambiamento e troppo esitante per intraprendere le sfide proprie del ventunesimo secolo. L'influenza umana sui sistemi naturali è profonda, eppure le conseguenze di questa influenza rimangono ancora oscure alla nostra comprensione."
Nasce da queste semplici ma enormemente impegnative constatazioni il "ripensamento" avviato negli Stati Uniti sul ruolo dei parchi cioè, per quella nazione, dell'Ente cui è affidata la gestione di 380 aree naturali di tutto il territorio federale: il National Park Service. I concetti che discendono dalla rivisitazione delle strategie e dei compiti di un organismo che ha ormai quasi novant'anni di età, essendo stato istituito dal Congresso americano nel 1916, sono contenuti in un documento in linea e di cui presto Il Giornale dei Parchi fonirà la traduzione italiana.
Si tratta di un contributo il cui valore, come si può comprendere, travalica i confini degli States e, depurato dell'esperienza riferibile solo alla concreta realtà di quel paese, sollecita lo studio e la riflessione di chiunque abbia a che fare con i problemi della conservazione, quale che sia l'ambito geografico o il contesto socio-economico in cui vive.
Risulterà sorprendente e molto stimolante, innanzitutto, scoprire che "la nuova frontiera" dei parchi americani viene individuata nella loro funzione educativa. Un compito da basare sulla presentazione delle relazioni fra la storia umana e la storia ambientale per la comprensione di "come l'una si è formata sull'altra e come esse sono indivisibili". Anche a voler considerare questa priorità dettata principalmente dalla diffusa ignoranza della propria storia patria da parte dei cittadini americani (ma quale paese non deve lamentare lo stesso problema?) non si può che essere colpiti dal grande passo compiuto verso una concezione dell'ambiente naturale, e dunque della conservazione, più europea, se non addirittura "mediterranea".
Altri elementi sono degni di grande nota, e suonano spesso musica per tutti coloro che lavorano da tempo ad un progetto associativo e politico che ha come orizzonte il "sistema" delle aree protette italiane (e non solo): la difesa della biodiversità attraverso il collegamento (la creazione di "corridoi" o reti) tra le zone naturali; l'unitarietà della protezione tra la terra e il mare; la collaborazione tra tutte le istituzioni; il sostegno alle culture ed alle comunità locali. Ma se ci è consentito individuare il vero e impagabile contributo che il documento consegna - in particolare a chi, come succede in questo periodo a noi italiani, è alle prese con avvenimenti che dovrebbero segnare uno "scatto" di elaborazione, anche teorica - è l'ispirazione che lo sostiene. Il respiro epocale che esso sa evocare chiama il lettore ad un esame che non può essere condizionato dalle miserie della quotidianità e della contingenza e in questo senso si rivela un aiuto preziosissimo alle scelte anche del nostro futuro.

Luigi Bertone


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