Carso, "riemerge" il Parco?


Come un fiume carsico, appunto, uno dei “parchi da fare” più importanti d’Italia – dopo una lunga assenza dalle pagine dei giornali – è tornato a far parlare di sé. Gioiello di pietra tra quei grandi santuari della natura del Nord-Est che attendono ancora un adeguato regime di tutela – dal Delta padano alle Alpi tarvisiane, all’Altopiano del Cansiglio. Cosa ha acceso il nuovo interesse ? Una proposta di legge istitutiva del parco targata Verdi, al via dell’iter di approvazione, sullo sfondo delle prossime elezioni regionali. Ma per capire occorre dare un passo indietro.
Il territorio è quella lingua di terra italiana, parte nel triestino parte nel goriziano, che si insinua tra la Slovenia e il mare. Un affascinante, solitario altopiano roccioso di calcari e dolomie, ricco di doline e altri fenomeni carsici ma pure di boschi, soprattutto di cerri e roveri. La flora vi annovera numerosi endemismi, la fauna star come il gufo reale, il gatto selvatico, il proteo. Segnalati passaggi pure di orsi bruni, sciacalli, linci.
A fronte di tali credenziali naturalistiche il parco-che-non-c’è attende da trent’anni. Anzi dal ’71, anno di approvazione della cosiddetta legge Belci che – per prima – considerava l’eccezionale rilievo ambientale e paesaggistico del Carso istituendo sette riserve statali. L’imponente mole cartacea di altre aree “protette” previste sul Carso negli anni conta poi: parco regionale, previsto su quindicimila ettari dal piano urbanistico regionale (1978); cinque riserve regionali (1996) di cui due istituite, ma tra mille difficoltà; parco intercomunale, dal perimetro approvato da anni dai Comuni, ma senza il viatico definitivo della Regione. Conclusione: ad oggi per il Geosito italiano per eccellenza l’Elenco ufficiale del ministero dell’Ambiente conta le due riserve statali Cucco e Rio Bianco (quattrocento ettari in due) e le due riserve regionali delle Falesie di Duino e dei Laghi di Doberdò e Pietrarossa. Ma ugualmente ignorate dall’Accordo di Programma Regione-Ministero siglato nel 2001, quasi sei milioni di euro, per via di un incredibile equivoco (vedi l’inchiesta Parchi regionali, soldi di Stato su Parchi n.36).
Dopo la storia, la cronaca. Nel novembre 2000 il consigliere Verde Puiatti presenta in Regione (governata da una maggioranza di centro-destra) una proposta in tre soli articoli, n.178, intitolata Istituzione del Parco regionale del Carso. Sede a Duino-Aurisina, uno degli undici i Comuni coinvolti i cui sindaci dovrebbero tutti sedere nel consiglio direttivo dell’ente gestore assieme ad esperti, agricoltori, imprenditori turistici. Dopo due anni di letargo la proposta viene esaminata dalla commissione competente (la IV) e poi approvata, il 21 gennaio scorso, con sostanziose integrazioni e modifiche proposte dalla maggioranza che entrano nel dettaglio degli organi e delle funzioni del futuro parco. Tra le altre, segnaliamo: la nomina del presidente da parte dello stesso direttivo; l’inclusione tra i membri del direttivo (che salgono così a 22) anche dei rappresentanti delle due Province, della Camera di Commercio di Trieste, dei beni collettivi (usi civici e altro), della Federazione Speleologica Regionale; l’istituzione di una commissione tecnico-scientifica di consulenza (altri 21 componenti). Addirittura – e questa è una primizia anche per i parchi dell’era Matteoli due - lo scioglimento automatico del direttivo “qualora il conto consuntivo annuale presenti un disavanzo di amministrazione”. L’esercizio di tutte le attività, caccia compresa, sarà disciplinato dal regolamento del parco.
Ma sui giornali locali il progetto arriva per altro. Il ruolo preponderante assegnato dalla legge alla Provincia di Trieste (maggioranza di centro-destra), infatti, provoca la reazione “furibonda” della Provincia di Gorizia (maggioranza di centro-sinistra) e dei suoi rappresentanti. Volano accuse pesanti tra i poli. I cacciatori informano che ad ogni modo “i parchi naturali hanno dato in Italia pessimo esito” (Federcaccia di Trieste); gli ambientalisti, che le Province è bene stiano fuori dall’ente gestore dove dovranno andare solo Comuni, tecnici, associazioni. Poi scoppia la tregua, dietro assicurazione di opportuni correttivi alla proposta di legge nel senso di un riequilibrio delle competenze tra le due Province.
Restano irrisolte alcune questioni. Per esempio - tacendo di altre, come quelle legate alle rivendicazioni della comunità slovena e alla recentissima soppressione della Comunità montana del Carso: può un parco essere paragonato ad una azienda, coi dirigenti che vanno a casa se i conti volgono al rosso ? E ancora, può nascere dopo decenni di attesa un parco del Carso che non comprende il riconosciuto gioiello dell’altopiano, e cioè la val Rosandra ? Ora il provvedimento dovrà passare all’esame dell’aula, in Consiglio regionale. Dagli ambientalisti arriva l’appello a considerarlo, nonostante tutto, “un’occasione storica”. Le prossime settimane diranno se per il Carso è l’ennesima fumata nera o se sta invece per nascere un parco vero. Senza se e senza ma.

Giulio Ielardi



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