Il progetto CIP va ai Lincei


Una presentazione di riguardo per il progetto di sistema sui parchi costieri della Federparchi, quella avvenuta di recente a Roma. Sotto il volo teso dei gabbiani che sfilano lungo l’ex biondo Tevere, nel cuore della città, un palazzotto settecentesco – tra i tanti – ospita la sede di uno dei più autorevoli consessi scientifici italiani. E’ l’Accademia dei Lincei, prima accademia scientifica del mondo moderno, fondata nel Seicento da Federico Cesi (1586-1630). Nobile umbro-romano appassionato studioso di scienze naturali, il Cesi si dilettava soprattutto di botanica e al suo nome sono legate le prime esplorazioni naturalistiche di uno dei più grandi parchi naturali del Lazio, quello dei Monti Lucretili (uno dei luoghi più belli dell’area protetta, il grande pianoro carsico del Pratone di Monte Gennaro, è ancor oggi detto Anfiteatro Linceo). Da Galileo all’abate Scarpellini, da Fermi a Pasteur, da Einstein a Croce, non si contano in quasi quattro secoli i protagonisti dello scenario scientifico internazionale che hanno frequentato le sale di via della Lungara.
Da circa un ventennio, l’Accademia celebra la Giornata mondiale sull’Ambiente (il 5 giugno) ad un convegno. E per il 2003 l’argomento prescelto è stato quello delle aree costiere. Un ulteriore segnale, se ce ne fosse ancora bisogno, della crucialità di questo aspetto delle politiche territoriali che va ormai sempre più imponendosi – dall’Unione europea in giù – sull’agenda di ogni soggetto che opera a diverso titolo nella ricerca e nella pianificazione dell’ambiente (vedi anche recensione del nuovo rapporto della Lipu dedicato, appunto, alle coste).
Dalle principali università italiane e gli altri enti di ricerca, i relatori al convegno hanno portato fior di contributi a un dibattitto ancora assai controverso e – aldilà dell’etichetta – non privo di spunti polemici anche accesi. La natura intrinsecamente dinamica degli ambienti costieri, infatti, si sposa davvero a fatica con gli interessi consolidati che sorgono frontemare. Perché va bene parlare di adattamenti all’ambiente delle faune lagunari, di atlante delle onde nei mari italiani e pure di inquinamenti e degradi costieri. Il tono si alza però quando altri argomenti vengono toccati, a cominciare dalla difesa artificiale dei litorali dall’erosione.
“Ripascimento libero o ripascimento protetto: esigenza socio-economica o scontro ideologico ?”. E’ ad esempio il titolo della relazione di Giovanni La Monica, professore di Sedimentologia alla Sapienza di Roma. Usare o no barriere protettive per prolungare gli effetti di un ripascimento, è uno dei punti di dibattito tra ingegneri e naturalisti. E La Monica si è schierato coi secondi senza peli sulla lingua, e senza trovare altra giustificazione ai primi che il condizionamento culturale a “costruire qualcosa che duri immutato nel tempo”, anche a prescindere dall’utilità. Ricordati agli smemorati anche i principi basilari per realizzare un ripascimento: l’intervento deve ampliare una spiaggia di almeno 40 metri, “altrimenti l’effetto difesa viene a mancare”; deve riguardare un tratto di litorale di estensione morfologicamente significativa; necessita di una seria progettazione, reale valutazione del rapporto costi/benefici, monitoraggio. Non sono mancate da altri intervenuti testimonianze di esperienze in atto, dal Poetto di Cagliari alla foce del Po di Goro (parco emiliano del Delta). Né difese ad oltranza delle barriere in cemento, ora in versione sommersa per ridurre l’impatto visivo e non ostacolare il ricambio naturale dell’acqua nei bacini di nuova formazione (Ugo Tommasicchio, presidente onorario del Consiglio superiore dei Lavori pubblici).
Tra le nuove iniziative in corso, sono state illustrate l’utilizzo di tecnologie avanzate per il monitoraggio come il Gps cinematico (Università di Ferrara), il progetto comunitario CoastView cui partecipa la Regione Emilia Romagna, il piano di interventi della Provincia di Livorno (in Toscana dal ’98 le competenze sulle opere di difesa delle coste sono state trasferite alle Province), alcuni interventi in Sicilia e molto altro.
E i parchi ? In più di un caso chiamati in causa, stavolta c’erano. Pur in un consesso quasi esclusivamente scientifico come la giornata lincea, il sistema italiano delle aree protette ha potuto portare testimonianza della sua visione del problema con una breve presentazione del progetto CIP, Coste italiane protette, varato da Federparchi. Mariano Guzzini, coordinatore nazionale del progetto, ha raccontato all’erudita platea dei problemi erosivi dei parchi del Conero e San Bartolo, dell’intenzione di dare seguito alla raccomandazione del Parlamento e del Consiglio europeo sulla gestione integrata costiera, delle prime realizzazioni effettuate col finanziamento iniziale della Regione Marche. “La nostra piccola impresa”, ha concluso Guzzini, “ha bisogno di sostegno morale, essendo esposta all’erosione ed agli smottamenti provocati dalle crisi congiunte della politica e della pubblica amministrazione, che producono catastrofi che non sono seconde a nessuna”. Applauso della sala e avanti il prossimo, la scienza non si ferma e a volte davanti ai rebus della gestione va pure di fretta.

Giulio Ielardi

http://www.parks.it/federparchi/cip/index.html



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del Giornale dei Parchi