Una "Carta" dei Delta per prepararsi al cambiamento climatico


La prima uscita pubblica dell’Associazione ‘Delta chiama Delta’ dedicata ai ‘Cambiamenti climatici e ai loro impatti prevedibili nei delta’, è rivelatrice del movente che ha portato lo scorso anno cinque tra le più importanti aree protette europee a dare vita ad una loro organizzazione permanente: fronteggiare l’onda d’urto del Climatic Change. Il suo riuscito convegno dello scorso 8 ottobre ne ha delineato i contorni e suggerito con la Carta di Comacchio non solo alle aree protette deltizie le linee di buone pratiche ambientali per minimizzarne il più possibile la portata. Che si tratti realisticamente non d’impedire ma di minimizzare il più possibile con difese dinamiche gli effetti dei cambiamenti climatici lo dicono ormai tutti gli studi al riguardo che prevedono, con il progressivo innalzamento della temperatura e del livello dei mari nell’arco di qualche decennio, la perdita di importanti tratti costieri. Per restare nel Mediterraneo, l’Alto Adriatico è in questo senso una delle aree più a rischio, come è ben evidenziato da tempo dal caso emblematico di Venezia. Non è un caso quindi che siano stati proprio i due Parchi regionali del Delta del Po, l’emiliano-romagnolo e il veneto, sotto l’egida di Ramsar Boureau, a promuovere lo scorso anno la nascita di ‘Delta chiama Delta’ che vede tra i suoi soci fondatori anche il Parco dell’Ebro, il Parco della Brière e la Riserva della Biosfera del Delta del Danubio. Per evitare sostanzialmente di affrontare in solitudine o provincialmente una sfida globale e gigantesca come quella dei cambiamenti climatici che gli stessi stati nazionali si dimostrano non ancora in grado di contrastare con efficaci strategie internazionali. L’associazione che ha sede, a Comacchio, presso il Parco del Delta del Po dell’Emilia-Romagna, è aperta alla partecipazione di tutti gli enti e organizzazioni che siano interessati alla costruzione di una rete internazionale di aree protette deltizie, in grado di promuovere, sperimentare ed esportare pratiche e politiche ambientali per la loro buona conservazione.

Valter Zago



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del Giornale dei Parchi