Fondi, sanatoria, ogm. I parchi in una morsa sempre più stretta.

Nella primavera scorsa questo giornale lanciava l’allarme sulla situazione dei parchi nazionali, per molti dei quali si paventava un blocco, dovuto principalmente al “lungo ritardo nella ricostituzione degli organi direttivi giunti a scadenza e nella nomina dei rispettivi presidenti”.
Ora, ad autunno inoltrato, c’è purtroppo da registrare un aggravamento ulteriore, che coinvolge la totalità degli Enti di gestione e tutte le loro attività. Alla latenza di organismi e presidenti, nessuno dei quali è stato nel frattempo nominato, si sono aggiunte o sono state annunciate decisioni pesantissime, tanto sul piano gestionale e della funzionalità quanto su quello del ruolo e della credibilità.
Sul fronte della gestione grava la proposta contenuta nella legge finanziaria, che prevede il taglio di circa un quinto dei trasferimenti ordinari ai parchi (passati intanto al numero di 22) e la riduzione a zero (zero!) degli stanziamenti per i loro investimenti. Qualche Ente ha già fatto i conti e veniamo a sapere dal neopresidente delle Dolomiti Bellunesi che “il Parco rischia di diventare un carrozzone, una struttura che invece di investire proficuamente nell'ambiente, come negli scorsi anni, si ritroverà ad avere dei fondi sufficienti a malapena a pagare i dipendenti” e dalle amministrazioni locali delle Foreste Casentinesi che “i centri visita del Parco sono a rischio chiusura dall’inizio del nuovo anno”. I conti li ha fatti anche il Consiglio Direttivo della Federparchi - nel quale siedono sei presidenti di parchi nazionali - che parla di “paralisi di molti enti di gestione e di stentata sopravvivenza per tutti gli altri, ai quali è del resto già stata riservata, nel corso degli anni, una severa politica di restrizione”.
Sul piano della credibilità è giunta poi dirompente la decisione del Senato di introdurre, nel provvedimento di delega al Governo in materia ambientale, la previsione di una sanatoria degli interventi edilizi in aree a vincolo paesaggistico. E’ aperta la discussione sull’applicabilità del condono ai parchi, ma già il fatto che si discuta senza che vi sia stato un pronunciamento risolutivo - “esplicito e formale”, come richiesto da Federparchi – può far intendere quale pressione si stia esercitando su tanti territori appetibili e quale concreto rischio si stia correndo di rottura della diga che i parchi hanno saputo innalzare in questi anni contro le pratiche abusive e di rapina.
Infine permane gravissima la minaccia – non solo sui parchi nazionali naturalmente, ma su tutte le aree protette e più in generale ancora sulla totalità delle zone di produzione agricola del Paese - di contaminazione da ogm. Da quando l’Unione Europea ha autorizzato l’introduzione di alcune sementi geneticamente modificate, si è in attesa che un decreto del Consiglio dei Ministri regoli le procedure conseguenti, in modo da affrontare il rischio e da mettere al riparo il bene inalienabile della genuinità e della sicurezza. I tanti rinvii nell’emanazione del decreto predisposto dal Ministro delle Politiche Agricole hanno reso evidente che esiste una forte pressione perché non se ne faccia nulla e dunque che la minaccia non è limitata al periodo di questa attesa, ma potrebbe interessare il futuro, tutto il futuro.
L’asfissiante penuria di fondi, lo svilimento della credibilità e il nuovo aggravio di contenziosi per l’introduzione della sanatoria, il rischio di incontrollate trasformazioni biologiche per l’assenza di norme sugli ogm, determinano evidentemente condizioni nelle quali le aree protette non possono operare. Senza la ricostituzione urgente delle premesse sulle quali si è potuto fin qui realizzare, pur con le difficoltà note, un processo che rimane uno dei più significativi nella modernizzazione del Paese, ci rimarrà la prospettiva di un insieme di soggetti considerati ingombranti o, nella migliore delle ipotesi, un lusso da esibire nelle occasioni celebrative.

L.B.



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del Giornale dei Parchi