La cucina gallurese, quella degli stazzi dei pastori e dei contadini,
ha origini antichissime ed è basata sull'utilizzo di prodotti della
terra e dell'allevamento. Più scarna è la tradizione legata ai piatti
di mare riservata storicamente alle città di Olbia, La Maddalena e ai
centri lungo la costa.
Si tratta di una cucina essenziale,
caratterizzata da sapori forti. Dalla cultura pastorale ha ereditato
l'uso della carne: agnello, capretto e maialino da latte, detto in
gallurese Pulcéddu, che viene arrostito a lungo con legna di leccio,
lentisco e corbezzolo.
La
pesca riveste un ruolo marginale nell'economia isolana e in Gallura è
stata praticata prevalentemente negli stagni e lungo i fumi. Chi viveva
lungo la costa, invece, utilizzava focine o strumenti più rudimentali
per catturare polpi, seppie, murene e qualche scorfano. Diffusa era
anche la raccolta dei bocconi e di altri frutti di mare. Le attinie,
bultighjata in gallurese, erano ritenute una vera specialità e negli
stazzi venivano infarinate nella semola e fritte nell'olio di lentisco.