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Riserva Speciale del Sacro Monte di Varallo

 

Natale nella grotta di Varallo con i pastori e la sacra famiglia

(Varallo, 22 Dic 10) Si è concluso con un inno natalizio, l'Adeste fideles, il concerto dell'Ensemble Carlo Coccia di Novara, nella basilica del Sacro Monte, venerdì 17 dicembre. Un insolito Stabat Mater di Pergolesi fuori stagione, per una programmazione un po' turbata dai tempi dei finanziamenti regionali, quest'anno molto tardivi per le note difficoltà di bilancio, ma bravissime le cantanti, Emilia Bertoncello soprano e Lucia Bini, mezzosoprano, e di grande suggestione lo scenario dello scurolo, con l'Ensemble posizionato davanti alla Madonna dormiente. Di grande livello anche l'esordio con il quartetto in sol maggiore K 80 "Lodi" di W.A. Mozart e il finale, con il canto che annuncia l'arrivo del messia e chiama i fedeli ad adorarlo. Un inno che porta verso le nostre cappelle di Betlemme, dove è illustrata proprio la scena della nascita, con il piccolo avvolto in fasce, osannato dagli angeli e adorato dai pastori.
E' vero che il fulcro religioso della Betlemme varallese è la grotta, con la piccola Natività sull'altare, quasi una pala d'altare da adorare, posta nella grotta-reliquia identica all'originale della Terra santa, ma il percorso narrativo conduce subito dopo verso l'Adorazione dei pastori. Qui, non più su di un altare, ma in basso, si dispiega il racconto che ha per attori persone vere come l'umanità valsesiana di allora: un pastore dai tratti marcati e la fisionomia leonardesca, guance scavate, naso grosso, cappellaccio sul capo e bicipiti segnati dalla vita di montagna, un altro sul fondo con le braghe mezze logore e scarpacce consunte (i due in fondo furono aggiunti nel '600). E Giuseppe, figura che nel racconto sacro è tenuta un po' in disparte, padre putativo e non naturale, discretamente poggiato al muro, che si vede e non si vede, e poi Maria, giovane fanciulla valligiana che con le mani indica quel bimbo prodigioso appena venuto al mondo, ma con lo sguardo e il viso sembra sfuggire. Non guarda il bambino, ma si volge fuori dalla finestrella. Lo aveva notato il cardinale Taverna nel 1617, a cui pareva fuor di luogo una Madonna distratta, presto corretto dal vescovo Volpi che capiva al volo l'insolito significato del volgere lo sguardo fuori: la Madonna ode il rumore concitato dei cavalli dei Magi, in arrivo proprio lì dietro. La bravura di Gaudenzio Ferrari sta nel catturarci e farci seguire il racconto, da una tappa all'altra. Grazie allo sguardo della Madonna ci conduce qualche metro più in là, a spiare nella cappella contigua, ove arriva il corteo dei Magi a cavallo. Tutti e tre sono appena smontati dalle cavalcature. Il re moro è immortalato mentre il suo scudiero gli toglie gli speroni, il primo e più anziano è già verso l'uscita, all'imbocco della grotta e sta togliendosi il cappello in segno di saluto davanti al re bambino. Seguendolo torniamo anche noi verso la scena centrale. E' un discorso circolare, che parte dalla grotta, per guidarci verso l'Adorazione dei pastori, poi verso i Magi e con loro ricondurci a salutare il divino neonato.
Guadenzio non perde un colpo, svolge da sapiente narratore la trama e mantiene l'attenzione e l'emozione del racconto, ieri come oggi.
Natale nella grotta di Varallo con i pastori e la sacra famigliaAdorazione dei pastori
Adorazione dei pastori
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