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Al bivacco di San Donato: Enrico Fermi

(Jenne, 25 Lug 17) Al "bivacco" di San Donato, tra il monastero di Santa Scolastica e Livata, trascorrevano le vacanze il sacerdote e professore universitario Ernesto Bonaiuti, assieme ad alcuni suoi studenti e seguaci. Tra di loro c'era anche Maria Fermi, studentessa di lettere e sorella del celebre fisico Enrico. Che in quegli anni era buttato a capofitto nello studio della fisica nucleare, nei laboratori di via Panisperna del Regio istituto di fisica dell'Università di Roma. E per questo non aveva tempo a sufficienza per un viaggio di vacanze.

Per questo Maria lo invitò ad unirsi con gli altri al bivacco. Enrico salì sul treno e li raggiunse. E per diversi anni sarebbe stata quella la meta dei suoi soggiorni estivi. Fermi era un grande amante della montagna e delle lunghe camminate. Dei Simbruini amava soprattutto i sentieri tra Monte Autore ed il santuario della SS. Trinità di Vallepietra.

Bonaiuti affittava il bivacco da un uomo che viveva lì a fianco, assieme alla famiglia. Lucia Tozzi, sua figlia, mi raccontò che Enrico ed il suo taccuino erano inseparabili. Anche durante una passeggiata o un momento di svago. Un giorno la bambina vide il futuro premio Nobel letteralmente disperato: aveva smarrito il suo prezioso quaderno, dove prendeva appunti e riportava intuizioni. Lucia lo ritrovò e, per mano del padre, lo fece riavere ad Enrico. Che ne fu a dir poco contentissimo.

Durante i loro soggiorni, Bonaiuti e sodali avevano spesso a che fare, oltreché con i vicini affittuari, anche con i contadini ed i fattori del luogo. Ai quali si rivolgevano per le necessità di tutti i giorni. Uno di questi, tale Francesco Lauri, era l'addetto alle commissioni. Facendo la spola tra San Donato e Subiaco, acquistava in paese ciò che gli veniva chiesto. E Fermi ricorreva spesso alle sue cortesie.

Un giorno era in partenza per Roma, diretto all'università. E volendosi sdebitare per i favori ricevuti, chiese a Francesco se avesse bisogno di qualcosa in particolare, che era difficile trovare nel sublacense, ma non nella Capitale. Francesco rispose che aveva bisogno di un paio di scarpe rosse. Enrico andò e dopo qualche giorno tornò, contento di esser riuscito a soddisfare quella che sembrava essere una richiesta decisamente bizzarra. Trovare un paio di scarpe rosse non era per niente cosa facile, e dovette girare ore prima di trovarle. Ma appena le consegnò a Francesco, questi ebbe un moto di grande delusione, del quale Enrico faticava a capirne il motivo, soprattutto dopo le ore che aveva dedicato alla loro ricerca. In realtà Francesco non chiese a Fermi scarpe di colore rosso. Ma scarpe "'rósse", che in dialetto sublacense vuol dire "grosse". Cioè grandi, resistenti, ed adatte per lavorare.

Fonte: http://www.quidmag.it/site/al-bivacco-di-san-donato-enrico-fermi/

Enrico Fermi
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