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Modifiche alla Legge 6 dicembre 1991, n° 394

"Legge Quadro sulle aree protette" e successive modificazioni e integrazioni

(Guardiagrele, 09 Gen 12) A vent'anni dall'entrata in vigore- 6 dicembre 1991-, la legge 394/91 continua ad alimentare un vivace dibattito e, benché più volte modificata- o mutilata-, anche radicalmente, continua ad essere oggetto di proposte di modifica e revisione.
Fattore che testimonia il sicuro impatto della legge - positivo o negativo in dipendenza dell'approccio- su un'area sempre più vasta del territorio nazionale.
Il dibattito attuale, è incentrato sul disegno di legge n. 1820, attualmente all'esame del Senato, di iniziativa del senatore D'Alì. Il disegno di legge si compone di soli 5 articoli che riguardano esclusivamente le aree marine protette e le riserve marine. I Parchi nazionali sono coinvolti limitatamente all'Arcipelago Toscano ed all'Arcipelago della Maddalena. 
Nell'esame in commissione si è inserito il relatore Orsi, che ha esteso con emendamenti del relatore, le proposte di modifica agli art.: 9 - Ente Parco-, 11 e 12 - Regolamento e Piano del Parco-, 14- Iniziative per la promozione economica e sociale, che viene soppresso - e 16 - Entrate dell'Ente Parco ed agevolazioni fiscali-.
Agli emendamenti del relatore si sono poi aggiunti diversi sub-emendamenti tra i quali quelli più significativi dei sen. Ferrante, Della Seta e Molinari.
In sostanza, emendamenti e sub-emendamenti attengono la cosiddettagovernance- Presidente, Direttore, Consiglio Direttivo, Revisori dei Conti- la pianificazione ai vari livelli, il controllo faunistico e l'autofinanziamento
Un esame sulla necessità o meno di apportare modifiche alla legge- peraltro, come si vedrà, più volte e fortemente modificata-, da più parti invocate, e soprattutto l'espressione di giudizi e pareri sulla bontà o meno delle diverse proposte avanzate in tal senso, non può prescindere da una, preliminare, attenta analisi che prenda in considerazione:

  1. Quadro normativo e situazione di fatto antecedente l'entrata in vigore della legge;
  2. Quadro normativo e situazione determinatasi a seguito dell'entrata in vigore della legge;
  3. Modifiche apportate alla legge e loro impatto sull'impianto complessivo della stessa;
  4. Pregi e difetti della stessa, derivate dalle esperienze concrete sul campo;
  5. Innovazioni intervenute in materia nel contesto nazionale, europeo ed internazionale.

1. Quadro normativo e situazione di fatto antecedente l'entrata in vigore della legge

Prima dell'approvazione della legge 6 dicembre 1991, n. 394, in Italia non esisteva alcun valido strumento giuridico generale che consentisse una politica organica in materia di aree protette.
Pochi, solo 5, i parchi Nazionali istituiti, e quasi tutti nel periodo antecedente la seconda guerra mondiale. Solo quello della Calabria, peraltro rimasto sempre sulla carta, istituito nel dopoguerra.
Accanto ai parchi Nazionali, a partire dagli anni 70, l'allora Ministero dell'Agricoltura e Foreste, provvedeva ad istituire una rete di riserve naturali dello Stato.
A partire dal 1977, per effetto del D.P.R 24 luglio 1977 sul decentramento amministrativo, alcune regioni provvedevano alla istituzione di parchi Regionali.
Alcune associazioni ambientaliste, quali LIPU e WWF, provvedevano ad istituire oasi e riserve su terreni acquisiti in proprietà o nella disponibilità.
Sul fronte mare, in attuazione della legge 979/82, si istituivano riserve marine di modeste dimensioni e veniva tutelata la foca monaca nel golfo di Orosei.
In totale appena il 3% del territorio protetto: dato che collocava l'Italia agli ultimi posti nel contesto nazionale ed internazionale.
Oltretutto l'effettiva tutela di tali territori era vanificata, o affievolita, da una serie di fattori diversi quali:

  • mancanza di poteri di pianificazione del territorio da parte degli organi di gestione dei parchi
  • scarsa o nulla presenza di poteri di autorizzazione e di autotutela
  • disomogeneità degli organismi di gestione
  • incertezza e scarsità delle risorse economiche.

Ciò determinava per tutti i parchi storici, senza eccezione alcuna, vicende fortemente travagliate, con gravi problemi gestionali che consentivano aggressioni da speculazione edilizia, opere pubbliche enormemente invasive, turismo incontrollato e massicce pratiche di disboscamento ed apertura di strade, forestali e non.

2. Quadro normativo e situazione determinatasi a seguito dell'entrata in vigore della legge.

La legge 394/91, è arrivata al varo definitivo, dopo decenni di dibattiti e discussioni, in Parlamento, nelle istituzioni e nella società civile, con una condivisione pressoché unanime, essendo il testo definitivo frutto di lunghe intese e concertazioni ad ampio raggio.
In quanto legge mediata, porta in se il germe di lacune ed imperfezioni.
Tuttavia può essere a buon diritto considerata una pietra miliare nella politica delle aree protette in Italia ed ha, senz'altro, costituito un valido ed efficace strumento per una moderna e globale politica di conservazione della natura e per il perseguimento dell'uso sostenibile- ed oltre- del territorio.
Notevoli e lungimiranti le innovazioni principali:
a) aver sancito il principio di " garantire e promuovere, in forma coordinata, la conservazione e valorizzazione del patrimonio naturale del paese", e cioè " delle formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche e biologiche o gruppi di esse che hanno rilevante valore naturalistico ed ambientale", attraverso il doppio regime della tutela e della gestione;
b) aver introdotto un livello nazionale di macroanalisi (Carta della Natura),macropianificazione (Linee fondamentali di assetto del territorio) e macroprogrammazione (Programma triennale per le aree naturali protette);
c) aver istituito un vero e proprio "sistema delle aree naturali protette di interesse internazionale, nazionale e regionale", coordinato, attivato, finanziato, promosso e potenziato attraverso lo strumento del Programma Triennale che veniva, in sintesi, a configurarsi anche come un macropiano sovraordinato;
d) aver destinato alle aree parco ingenti risorse dirette ( attraverso il finanziamento ordinario del sistema e quello straordinario con i Programmi triennali per le aree naturali protette) ed indirette ( in applicazione dell'art. 7 della legge), per la promozione di interventi di organizzazione, di promozione e di sviluppo sostenibile.
Tutto ciò consentiva, nel volgere di pochi anni, la realizzazione di un vasto ed organico sistema di aree protette nazionali e regionali che poneva, finalmente, l'Italia al passo con gli altri paesi europei, recuperando un ritardo ultradecennale.
Infatti, già il primo Elenco ufficiale delle aree naturali protette, a soli cinque anni dall'entrata in vigore della legge, fotografava una situazione sorprendentemente soddisfacente, non solo per la bontà dei risultati, ma soprattutto per la celerità, inusuale in Italia, con cui erano state attuate le previsioni della legge:
•2.107.000 ha. di superficie protetta, pari al 7% del territorio nazionale ( di cui oltre 1.250.000 protetti a Parco Nazionale);
•13 nuovi parchi nazionali istituiti, portando il totale a 18;
•155 riserve naturali statali; 
•oltre 350 aree protette regionali e private.
Non esiste, e rappresenta la prova della bontà di buona parte del suo impianto , nel panorama nazionale ed internazionale, altra legge che abbia prodotto altrettanti risultati in tempi così brevi.

3. Modifiche apportate alla legge e loro impatto sull'impianto complessivo della stessa.

Già a soli sei anni dall'entrata in vigore della legge, il suo valido impianto veniva fortemente incrinato.
Con il decreto legislativo n. 281, in data 28 agosto 1997, veniva infatti soppresso il Comitato per le aree naturali protette e le relative competenze attribuite alla Conferenza Stato-Regioni.
Con il successivo decreto legislativo n. 281, in data 31 marzo 1998, veniva soppresso il Programma Triennale per le aree naturali protette.
Nei fatti veniva vanificata, ancor prima di essere attuata, la parte più qualificante della legge 394/91: quella relativa al livello nazionale e coordinato delle azioni di analisi del territorio, macropianificazione e macroprogrammazione.
Ma è soprattutto con la legge 9 dicembre 1998, n. 426, "Nuovi interventi in campo ambientale", vera e propria legge di controriforma, che l'intero impianto della legge è stato modificato in senso peggiorativo:

  • con la previsione dell'intesa, in luogo del sentito, per "la classificazione e l'istituzione di parchi nazionali e delle riserve naturali statali, terrestri, fluviali e lacuali";
  • ridimensionando l'autonomia ed indebolendo il ruolo del Direttore del parco, con l'eliminazione del ruolo speciale di Direttore di parco;
  • introducendo ulteriori complicazioni nel già complesso iter per l'elaborazione, l'adozione e l'approvazione del piano del parco;
  • prevedendo l'obbligatorietà della vicepresidenza esclusivamente ad uno dei membri designati dalla Comunità del Parco;
  • attribuendo ai cacciatori un ruolo preferenziale nella gestione degli"abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici".

Parallelamente a queste modifiche specifiche, la legge 394/91 ha subito radicali modificazioni per effetto dei diversi provvedimenti che, a partire dal 1993, hanno ridefinito il rapporto politica-amministrazione, con la separazione delle funzioni di indirizzo, programmazione e controllo-organi politici dell'ente -, da quelle di gestione assegnate alla struttura - decreti legislativi 29/93, 80/98, 286/99 e 165/2001 per citare solo i principali-.
Il risultato concreto di tanto alacre operare legislativo, si è tradotto in un indebolimento complessivo del sistema dei parchi ed in un aumento generalizzato della conflittualità che ha finito con il generare uno stato di perenne confusione e precarietà dei ruoli ed istituzionale.

4. Pregi e difetti della stessa, derivate dalle esperienze concrete sul campo. 
pregi fondamentali della legge, oltre quanto già posto in evidenza al precedente punto 2 , consistono essenzialmente:

a) aver individuato, nella struttura autonoma dell'Ente parco, l'organismo di gestione più appropriato , evitando modelli eccessivamente centralisti. Ciò ha garantito ai territori dei parchi, soprattutto dove le Comunità del Parco hanno compreso a pieno il ruolo loro attribuito dalla legge e dove i rappresentanti della Comunità del Parco all'interno del Consiglio Direttivo dell'Ente hanno saputo elevarsi al di sopra dei localismi, di partecipare a pieno alle scelte strategiche dell'Ente.
L'autonomia istituzionale ha inoltre, quasi sempre, garantito l'autonomia delle scelte, spesso in contrapposizione anche con il livello nazionale;
b) aver attribuito all'Ente parco, con il Piano del Parco, poteri pianificatori, oltretutto sovraordinati e sostitutivi ad ogni altro livello;
c) aver attribuito all'Ente parco, ed in particolare alla Comunità del Parco - Organo dell'Ente - poteri programmatori con il Piano pluriennale economico e sociale per la promozione delle attività compatibili;
d) aver attribuito all'Ente parco poteri di effettivo controllo delle trasformazioni ed utilizzazione del territorio attraverso il rilascio del nulla-osta e l'adozione di provvedimenti di autotutela di diversa natura:
 inibitori- sospensione delle attività in difformità o in assenza dal nulla osta-;
• ordinatori- ordinanze di demolizione delle opere abusive e di ripristino dello stato dei luoghi manomessi-;
• sanzionatori- sanzioni pecuniarie previste dall'art.30, secondo comma della legge e sanzioni ripristinatorie, cioè finalizzate ad eliminare i danni provocati dall'attività illecita-;
• processuali- azioni amministrative per l'annullamento di atti lesivi delle finalità istitutive del parco; azioni civili per il risarcimento del danno e penali compresa la costituzione di parte civile nei processi penali per reati che configurino un qualsiasi attentato ai valori del parco-.
e) aver qualificato l'Ente parco, nell'ordinamento amministrativo nazionale, come Ente preposto a servizi di pubblico interesse, - legge 70/75-, 

difetti fondamentali della legge, nell'impianto attualmente in vigore, possono essere facilmente individuati in:
• difficoltà, per gli Enti Parco, di garantire l'effettiva sorveglianza del territorio, e le molteplici azioni di controllo, prevenzione, sensibilizzazione e monitoraggio continuo, avendo la legge attribuito la sorveglianza del territorio dei parchi al Corpo Forestale dello Stato, sotto la dipendenza funzionale degli Enti parco. Alla prova dei fatti, l'applicazione dell'art. 21, comma 2, si sta dimostrando estremamente difficile- come del resto da più parti si era previsto- e la dipendenza funzionale estremamente labile e difficile da attuare, soprattutto in quei casi in cui non c'è pieno spirito di collaborazione, ed in quelli in cui gli appartenenti ai Coordinamenti Territoriali Ambientali del Corpo Forestale dello Stato, tendono ad esercitare quasi unicamente le funzioni di polizia giudiziaria- che in quanto tale non sono esclusive del CFS, ma anche dell'Arma dei carabinieri e "delle altre forze di polizia i cui appartenenti rivestano la qualifica di agente o ufficiale di polizia giudiziaria, ai sensi del codice di procedura penale"- a discapito delle funzioni di polizia amministrativa- prevenzione dei reati ed in genere tutta l'attività finalizzata alla corretta applicazione della normativa dell'area protetta-, monitoraggio della biodiversità ed educazione ambientale – funzioni tutte tipiche e fondamentali sia delle guardie dei parchi storici italiani che dei rangers americani o canadesi o di molti parchi africani-.
Tale attività, poi, non viene esercitata in maniera esclusiva, ma in aggiunta ad altri compiti e funzioni.
Ciò, spesso, e soprattutto nei casi in cui tali appartenti sono chiamati a svolgere anche funzioni di polizia amministrativa per conto delle regioni, determina conflitto di interesse, in quanto lo stesso soggetto si trova prima a progettare le operazioni di taglio dei boschi e poi, a provvedimento adottato dal Parco, a curarne l'esatto adempimento;
• Complessità delle procedure di approvazione del Piano del Parco e del Regolamento;
• Non aver previsto l'iniziativa, anche dell'Ente Parco, per l'istituzione delle aree contigue - ad oggi quasi inesistenti-;
• Non aver previsto adeguate forme e strumenti per l'autofinanziamento;
• Non aver previsto la separazione tra le attività di servizio ed istituzionali – in regime di diritto pubblico - e quelle di carattere commerciale e promozionale- in regime di diritto privato-;
A queste lacune và aggiunto il fatto, non secondario, che diverse parti della legge, tra le più qualificanti, ad oggi, rimangono ancora completamente inapplicate e non certamente per l'inadeguatezza della stessa, bensì per carenze, disfunzioni, in qualche caso aperta volontà omissiva, proprio in quegli organismi e strutture centrali che viceversa avrebbero dovuto attuarle o promuoverle assicurandone una applicazione più celere. Tutti fattori che avrebbero aiutato enormemente gli Enti parco nella difficile e laboriosa fase della organizzazione iniziale. 
 Carta della Natura;
• Linee fondamentali di assetto del territorio con riferimento ai valori naturali ed ambientali;
• Trasferimento delle riserve dello Stato ricadenti all'interno dei Parchi nazionali;
• Mancata emanazione del Decreto del Ministro dell'Ambiente relativo alle disposizioni di attuazione previste dall'art. 15, comma 2- indennizzi e compensazioni per vincoli-.
• Sostanziale inapplicazione, da parte di Stato e Regioni , delle previsioni di cui all'art. 7 ad oggetto : "Misure di incentivazione" che prevede, per comuni e provincie con territori ricompresi all'interno dei Parchi, priorità nella concessione di finanziamenti statali e regionali.

5. Innovazioni intervenute in materia nel contesto nazionale, europeo ed internazionale
Trattasi, sostanzialmente, di Direttive Comunitarie intervenute a norma varata e delle normative in materia di tutela delle bellezze naturali- Codice del Paesaggio- ma anche delle normative sui Piani di bacino, che hanno messo in dubbio la prevalenza del Piano del Parco e creato comunque contenzioso e allungamento dell'iter burocratico di molte attività.

6. Proposte
Le proposte di modifica della legge, pur dovendo obbligatoriamente tendere ad un miglioramento della stessa, eliminando il più possibile le lacune e disfunzioni evidenziate, non possono tuttavia non tener conto del contesto economico e politico attuale e nella proiezione futura che vede, proprio in questo momento, il dibattito politico in Italia incentrato su alcune tematiche di fondo, che trovano una sostanziale condivisione:
a) sburocratizzazione e semplificazione amministrativa;
b) riduzione dei costi dell'organizzazione dell'Ente- degli organi , della struttura e delle articolazioni sul territorio- e per il cittadino.
c) aumento delle entrate da autofinanziamento, per garantire agli enti con la parziale autonomia economica, la più sostanziale autonomia politica ed amministrativa.
d) adeguamento ai mutati indirizzi e normative nazionali ed alle direttive europee intervenute.
Il non rispondere positivamente a queste esigenze da più parti invocate, in un momento in cui sono a rischio provincie, piccoli comuni, enti pubblici, tribunali ed ospedali, rischierebbe di essere fatale per la stessa sopravvivenza degli Enti Parco.
Dal mondo dei parchi, prima che lo facciano altri, deve partire una proposta complessiva in tal senso.
A tale riguardo appare urgente e realizzabile, relativamente ai punti:

a) sburocratizzazione e semplificazione amministrativa
1. Eliminare approvazione Statuto con D.M. Il Ministero dell'Ambiente esercita solo il controllo di legittimità sulla delibera; 
2. Eliminare approvazione Regolamento del parco con D.M. Il Ministero dell'Ambiente esercita solo il controllo di legittimità sulla delibera;
3. Prevedere, per il Piano del Parco, il silenzio-assenso, sia sull'adozione che sull'approvazione, ovverosia che le intese si intendono raggiunte decorso un periodo x;
4. Eliminare comma 3, dell'art. 13 e sostituire, al comma 4, la parola Presidente con Responsabile del procedimento;
5. Prevedere il silenzio assenso per il Piano pluriennale economico e sociale, sulla base del parere obbligatorio dell'Ente Parco;
6. Delimitare, all'art. 21, sulla base delle norme della legge 70/75, gli atti oggetto di vigilanza ed i tempi- max 60 giorni-, oltre i quali si determina l'approvazione per silenzio-assenso;
7. Delimitare all'art. 9, comma 10, i poteri del Collegio dei revisori. Prevedere il revisore unico.
8. Chiarire, in quanto la confusione è totale, che il direttore del Parco è direttore generale di un Ente pubblico non economico di cui alla legge 70/75. La nomina, appare opportuno resti in capo al Ministro dell'Ambiente sulla base di una terna individuata dal Consiglio Direttivo dell'Ente, a seguito di procedura pubblica. Poiché la figura di direttore di Parco non è quella di un semplice manager, né tantomeno quella di un manager di fiducia del Presidente- concetto che si è andato invece radicando- ma viceversa una figura complessa le cui competenze spaziano dall'amministrazione, all'urbanistica, al diritto, alla tutela della biodiversità e degli ecosistemi, non può prescindersi da una abilitazione professionale al riguardo, procedendo ad una rivisitazione drastica dell'Albo. Il ruolo unico presso il Ministero dell'ambiente proposto dall'AIDAP potrebbe essere una risposta, sulla base di nuovi criteri rigidi e non limitati alla dirigenza pubblica- limitazione anacronistica, controproducente e di dubbia legittimità costituzionale-.
In alternativa, concorso pubblico per titoli ed esami, sulla base di rigidi e qualificati titoli e materie attinenti le funzioni specifiche della legge, al pari di quanto già previsto per tutte le assunzioni, anche a tempo determinato, che si effettuano nella pubblica amministrazione.
Tipo , durata del contratto e rinnovo, ai sensi dei contratti collettivi nazionali di categoria- Stato o Enti pubblici non economici è indifferente-;
9. Prevedere, all'art. 21, comma 2, la dipendenza funzionale piena ed esclusiva del personale CFS dall'Ente Parco.
10. Prevedere il trasferimento, ope legis, delle riserve naturali ricomprese all'interno del perimetro dei parchi e di quelle strutture CFS destinate non tanto all'espletamento dei servizi istituzionali di sorveglianza quanto di promozione e visita delle ex-riserve- centri di visita, aree faunistiche, giardini botanici, rifugi ecc-.
11. Prevedere che l'autorizzazione del Parco ingloba valutazione di incidenza, vincolo paesaggistico e vincolo idrogeologico.
12. Prevedere che gli indennizzi per danni provocati dalla fauna selvatica del Parco, sono limitati ai danni alle attività zootecniche ed agricole
13. Prevedere che l'inapplicazione dell'art. 7, comporta la nullità, "ope legis", delle procedure di assegnazione dei finanziamenti pubblici e responsabilità amministrativa di amministratori e dirigenti.
14. Adeguare l'art. 30, comma 2, portando la somma della sanzione amministrativa da un minimo di 100 euro ad un massimo di 1.000.000 di euro- ogni ente graduerà le sanzioni con proprio atto-.

b) riduzione dei costi dell'organizzazione dell'Ente- degli organi , della struttura e delle articolazioni sul territorio - e per il cittadino.

I costi relativi al funzionamento complessivo dell'Ente, sono ormai da anni oggetto di tagli draconiani.
Le stesse dotazioni organiche, già di per se inadeguate, a regime, sono state ridotte del 30%, per effetto dei vari provvedimenti di finanza pubblica.
Da quest'anno, inoltre, le spese relative agli organi, alla struttura ed alle spese istituzionali hanno cessato di essere trasferite per riparto e sono state iscritte come spese obbligatorie nel bilancio dello Stato. Solo da pochi giorni si è avuta conoscenza dell'esatto ammontare delle stesse, così come delle somme a riparto, rendendo impossibile qualsiasi operazione di assestamento definitivo di bilancio e delle conseguenti operazioni di impegno e di spesa.
Da più parti si invoca una rivisitazione della normativa relativa alla governance e molti degli emendamenti presentati al d.d.l. 1820 vanno in tale direzione.
Senza una riforma complessiva della pubblica amministrazione, ed in un momento in cui tutto il dibattito sembra incentrato sul fatto che la politica deve fare un passo indietro, ipotizzare un ampliamento dei consigli direttivi appare inopportuno ed utopistico. Ed appare inopportuno uno stravolgimento dell'equilibrio complessivo del consiglio con l'inserimento di rappresentanti del mondo agricolo e venatorio- perché non anche di quello turistico o artigianale attesa la vocazione di tutti i parchi?-.
Appare invece più razionale ed al passo con gli altri provvedimenti, in ultimo con il decreto legge recante "Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità, il consolidamento dei conti pubblici, la promozione e la tutela della concorrenza e per lo sviluppo industriale e infrastrutturale del Paese" approvato dal Consiglio dei Ministri il 4 dicembre 2011, una riduzione dei consigli direttivi, ad un massimo di sei componenti, oltre il Presidente ed in particolare:
3 rappresentanti della Comunità del Parco- eliminare il voto limitato che si presta ad interpretazioni ambigue-;
1 rappresentante del Ministero dell'Ambiente;
1 rappresentante delle associazioni di protezione ambientale;
1 rappresentante del mondo scientifico ed accademico.
Per gli Enti Parco di piccole dimensioni la riduzione può estendersi a 4 consiglieri, riducendo il numero dei comuni e prevedendo un unico rappresentante per università ed associazionismo.
Del pari, non ha più senso alcuno mantenere la giunta esecutiva, attesa la riforma operata dal decreto legislativo 165/2001 e successive modificazioni ed integrazioni.
In linea, và ridotto il Collegio dei Revisori dei Conti, prevedendo il Revisore unico. 

c) aumento delle entrate da autofinanziamento, per garantire agli enti con la parziale autonomia economica, la più sostanziale autonomia politica ed amministrativa.

Attualmente, le proposte di modifica legislativa al riguardo attengono entrate da prospezioni petrolifere, impianti di biomasse, centrali idroelettriche, attività di escavazione. Appare non solo inopportuno collegare le entrate del parco ad attività che con i parchi e con le finalità che perseguono risultano in contrasto, ma anche controproducente, in quanto potrebbe rappresentare un incentivo a tali attività. In particolare, le aree contigue, più che aree di transizione e di attivazione di interventi di sviluppo sostenibile, rischierebbero di diventare un concentrato di attività ad alto impatto ambientale, creando una vera e propria barriera intorno alle aree protette. In verità la norma sembra dettata più dalla volontà di alcuni parchi nazionali di fare cassa con cave, petrolio, ed attività idroelettriche. Niente di diverso da quanto tanti comuni stanno facendo con l'eolico e con il fotovoltaico.
La politica dei Parchi del terzo millennio, indirizzata sempre di più al potenziamento delle produzioni naturali, alla ottimale utilizzazione delle risorse, a partire dal riuso integrale dei rifiuti prodotti, alla riqualificazione naturalistica e produttiva degli ambienti degradati, non può prescindere da una drastica spinta innovativa che ristori i territori produttivi dei parchi delle risorse che generano attuando politiche conservative e migliorative, facendo pagare i costi direttamente a chi ne beneficia ed alleggerendo al contempo gli oneri a carico dello Stato.
Integrando la mission degli Enti Parco, da Enti di solo servizio, come oggi sono qualificati, ad Enti anche di produzione di beni primari, innovandone la legislazione in senso privatistico.
E' ovvio che occorrono risorse maggiori e che queste non possono e non devono gravare, come nella situazione attuale, unicamente sul bilancio pubblico. La realtà Italiana ha escluso da tempo, salvo alcuni casi nelle isole, per disparate motivazioni, la possibilità di introdurre un biglietto di ingresso come avviene invece negli Stati Uniti d'America ed in altri paesi del mondo, dove la proprietà dei suoli e però pubblica al 95%.
In quei modelli, non è lo Stato, ma i fruitori dei parchi, a finanziare quasi per intero, il servizio di cui fruiscono. Recentemente in alcune grandi città europee ed italiane è stato introdotto, per limitare l'inquinamento, un ticket d'ingresso per le auto ai centri storici delle città. Forse può essere fatto altrettanto per alcune limitate aree dei parchi, almeno per pareggiare i costi dei servizi offerti, come la manutenzione della sentieristica. Si tratterebbe in ogni caso di interventi minimali.
Per i territori dei parchi appaiono realistiche, auspicabili e facilmente realizzabili con semplici provvedimenti legislativi le seguenti misure, di più ampia portata, attuabili già nel breve periodo:
1) Un prelievo del 10% (3 centesimi di euro/mc.) sul valore di produzione dell'acqua, prelevata dai bacini di produzione dei parchi;
2) Una imposta del 3%, da applicare sui servizi turistici ricettivi, di ristorazione e di svago.
Questa misura costituirebbe, tra l'altro, un riequilibrio dei benefici economici apportati dai parchi, che oggi sono appannaggio quasi esclusivo del settore commerciale, mentre sono a carico di tutta la collettività i maggiori oneri per servizi.
3) Un trasferimento di risorse dalle regioni ai comuni ed agli Enti Parco, in ragione di 30 euro per ogni ettaro (pari al costo previsto al 2020 di una tonnellata di CO2 abbattuta) di territorio forestale destinato alla conservazione ed al miglioramento- al pari delle iniziative che si stanno attuando per salvare almeno parte della foresta equatoriale-;
4) L'abbattimento dell'IVA sulle spese di produzione e commercializzazione delle produzioni agricole, zootecniche e pastorali di qualità garantite dal marchio del Parco e dalla certificazione europea, a partire dalle produzioni non geneticamente modificate;
5) Defiscalizzazione e decontribuzione quinquennale per gli apprendisti che intendano proseguire la tradizione degli antichi mestieri;
6) Defiscalizzazione sulle accise dei carburanti da riscaldamento, per i territori dei parchi montani, per i maggiori costi sostenuti in tutti i settori, a causa del clima rigido;
7) Adeguamento della legislazione degli Enti Parco, avvicinandola a quella degli Enti Pubblici Economici, almeno per il settore commerciale, eventualmente separando il settore di fornitura di servizi da quello promozionale e commerciale o mediante la previsione normativa di costituzione di società ad hoc. Non è assolutamente possibile attuare, infatti, alcuna seria attività commerciale, soprattutto in un ambiente completamente globalizzato quale quello attuale, dovendo osservare i Regolamenti di Contabilità dello Stato.

d) adeguamento ai mutati indirizzi e normative nazionali ed alle direttive europee intervenute.

La normativa và adeguata, con riferimento particolare alle modificazioni intervenute in materia di applicazione di direttive comunitarie in materia.
Va inoltre chiarito che la normativa di cui alla legge 394/91, in quanto legge speciale è sovraordinata ad ogni altra norma- il riferimento particolare è al Codice del Paesaggio, ma anche ai Piani di Bacino, introducendo un articolo ad hoc finale.
Il comma 4 dell'articolo 11, relativo ai prelievi faunistici ed agli abbattimenti selettivi, che appare sufficientemente adeguato ed ha ampiamente dimostrato di poter incidere positivamente sul mantenimento degli equilibri ecosistemici in tutti quei parchi che si sono impegnati per la sua corretta applicazione- attuando monitoraggi, redigendo piani, attuando catture o abbattimenti sotto lo stretto controllo del parco ed in qualche caso anche commercializzando le carni a marchio parco - andrebbe potenziato prevedendo l'estensione delle catture e degli abbattimenti anche alle specie domestiche rinselvatichite- cani in particolare - che rappresentano la più grave fonte di squilibrio ecosistemico in atto - più della metà delle predazioni attribuite al lupo è operata da cani rinselvatichiti-.
Queste facili innovazioni legislative ed organizzative, consentirebbero a pieno, ai parchi del terzo millennio, di adempiere a fondo alle nuove funzioni strategiche che sono chiamati ad attuare per gli anni a venire: "Parchi non più solo isole di biodiversità pregevole, o di valori scenici e panoramici, ma anche banche di valori, di vita e di prodotti e servizi indispensabili alla vita ed all'economia". 


Parco Nazionale della Majella 6 dicembre 2011
Nicola Cimini
Direttore

Modifiche alla Legge 6 dicembre 1991, n° 394
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