Lettere alla redazione

Ci scrivono

In questa pagina trovate le e-mail dei nostri lettori. Tutte, tranne quelle di elogio (ringraziamento generale, comunque, a tutti coloro che ne hanno inviate o ne invieranno) o di insulto (per fortuna non ne sono ancora arrivate). Qua e là troverete anche qualche risposta della redazione.

29 agosto 2002
Vi chiedo di dedicare più spazio alla battaglia che si sta conducendo in tutta Italia contro le scelte sciagurate del governo e di tante pubbliche autorità sulla caccia. Altro che limitazione dell'attività venatoria! Si sta persino reintroducendo la caccia nei parchi, nelle fermo e nei modi più arretrati che si possano immaginare. Ho apprezzato il tentativo fatto da qualche parco di affrontare con decisione l'argomento ma le associazioni dei cacciatori ormai si sentono legittimate ad ignorare la necessità di un confronto con le altre organizzazioni e si rivolgono direttamente ai potenti dai quali ottengono soddisfazione ad ogni richiesta. Occorre informare l'opinione pubblica di quello che sta succedendo.

Cristiano Vicentini

3 agosto 2002 (riferimento articolo)
La vicenda del Parco regionale del Molentargius da voi raccontata è emblematica della situazione della protezione dell'ambiente in Sardegna. Viaggi di ministri e proclami degli isolani non possono nascondere una situazione di stallo che dura da moltissimi anni. Per i due parchi nazionali dell'Asinara e della Maddalena non c'è una politica e sembra che tutti siano più interessati a chi ricopre le cariche invece che alle cose da fare. Il Gennargentu non si farà mai. Le riserve marine sono in balia degli umori degli amministratori locali di turno. I parchi regionali non ci sono.
Qualche anno fa qualcuno aveva proposto una conferenza regionale sui parchi. Se ne potrà parlare ancora in futuro?

Marina Meloni

18 luglio 2002 (riferimento articolo)
Prima l'Enel ha rovinato tutte le nostre valli, modificando territorio, equilibrio vegetazionale e faunistico, clima e paesaggio, cancellando storici paesini e invadendo con cementificazioni di non gradevole
pregio estetico. Ora mi auguro che l'inserimento di sistemi per la produzione di energia eolica comporti come logica conseguenza l'eliminazione delle dighe, con la ristruttrazione dell'antico sistema vallivo,
cui dovrà seguire il restauro degli equilibri vegetazionali, faunistici e climatici, oltreché paesaggistici, oltraggiati nell'ultimo secolo. Questo non è un sogno, ma è quello che SI DEVE FARE PER IL RECUPERO
DEL PATRIMONIO MONDIALE!

Arch. Barbara Baiocco

16 luglio 2002 (riferimento articolo)
A proposito di Aree Marine Protette in Sardegna

Chi scrive è la Piccola Società Cooperativa Diomedea, nata per offrire servizi per il turismo e l'ambiente, specializzata nel settore dell'educazione ambientale, e costituita interamente da donne. La cooperativa, preoccupata della situazione che si è venuta a creare a Villasimius e nell'A.M.P. di Capo Carbonara a seguito dell'elezione del sindaco Vincenzo Cadoni, ha deciso di rendere note le proprie perplessità su ciò che accade a Villasimius dal maggio 2001. Diomedea nata nel 1999, grazie ad un corso di formazione regionale sulla gestione delle aree marine protette, voluto fortemente dall'Amministrazione Comunale di Villasimius per la formazione di figure professionali fino a quel momento inesistenti in Sardegna, è stata seguita ed incentivata dall'Amministrazione Comunale collaborando proficuamente con la stessa per la riuscita delle azioni di promozione e informazione dell'A.M.P. di Capo Carbonara fin dal primo anno di gestione. La gestione dell'A.M.P. ha avuto inizio nel 1999 e nel 2000 a seguito della nomina del Direttore sono stati avviati i primi progetti. In particolare, l'attività di promozione, sensibilizzazione e divulgazione dell'A.M.P. di Capo Carbonara, è stata affidata alla coop. Diomedea che ha ideato e gestito sia i progetti di educazione ambientale rivolti alle scuole che quelli rivolti ai turisti durante il periodo estivo. Per la realizzazione dei progetti l'Amministrazione Comunale ha messo a disposizione della cooperativa due locali del porto turistico all'interno dei quali è stato allestito il Centro Visita dell'A.M.P., che ha assunto un ruolo fondamentale rappresentando non solo un semplice punto informativo, ma un luogo di promozione e di divulgazione dell'A.M.P. e dei temi legati all'ambiente marino e costiero, grazie alle attività di educazione ambientale rivolte ad adulti e bambini. L'attività di educazione/ informazione si è sviluppata anche a stretto contatto con il mondo della scuola, intervenendo non solo a livello locale ma anche regionale e nazionale; oltre 4000 ragazzi in due anni di attività hanno avuto modo di avvicinarsi alla conoscenza dell' ambiente costiero di Villasimius e apprendere quali potenzialità e risorse nascondono i mari italiani. Le attività non hanno pertanto avuto una ricaduta economica solo sulla cooperativa, ma hanno interessato l'intero tessuto economico del territorio di Villasimius, creando ricadute rilevanti nei settori della ricettività turistica e nell' ambito dell'artigianato e commercio. Fino a poco tempo fa l'Area Marina Protetta di Capo Carbonara emergeva nel panorama delle aree marine protette in Italia, non solo per la programmazione delle attività, ma anche per l'offerta di servizi di qualità. Per quanto riguarda, in particolare, il settore dell'educazione ambientale e della promozione, sensibilizzazione e divulgazione dell'A.M.P., una recente pubblicazione del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio, che illustra le attività di educazione ambientale portate avanti nei parchi nazionali e aree marine protette in Italia, ha evidenziato i programmi di educazione ambientale offerti dall'A.M.P. di Capo Carbonara ideati e realizzati dalla Cooperativa Diomedea. Attualmente non si ha idea di quali siano i programmi dell' A.M.P ‘Capo Carbonara'; l' avvicendarsi continuo di ‘Direttori' non meglio qualificati a distinguere una Oloturia da un Cetriolo, ha portato all' impossibilità di poter impostare un'azione incisiva e reale rivolta alla valorizzazione dell' ambiente marino - costiero, con gravi ripercussioni non solo per la cooperativa Diomedea ma anche per le altre cooperative nate nello stesso periodo, legate alle azioni di vigilanza e subacquea che da sempre hanno collaborato con gli operatori turistici locali, con i pescatori e gli operatori del trasporto in mare. Senza un'adeguata programmazione si rischia di perdere i finanziamenti del Ministero dell'Ambiente e dell'UE, con gravi danni per l'economia di Villasimius, distaccandosi così dal raggiungimento di obiettivi legati allo sviluppo sostenibile.
A stagione inoltrata, non è stato ancora previsto il servizio di informazione, sensibilizzazione e divulgazione dell'A.M.P., così come previsto dal decreto 3 agosto 1999 istitutivo dell'A.M.P. di Capo Carbonara, e nessuno si è preoccupato del fatto che in questo modo si stanno perdendo posti di lavoro e non solo, a causa dell'incapacità di governare di qualcuno! Ci piacerebbe sapere se si tratta di una situazione momentanea oppure se effettivamente l'obiettivo del sindaco sia quello di distruggere l'area
marina protetta e insieme i posti di lavoro creati. E', infatti, sotto gli occhi di tutti la situazione di smantellamento dell'intero sistema dell'Area Marina Protetta di Capo Carbonara. Se così fosse, ci auguriamo che qualcuno, a livelli più alti, intervenga affinché Villasimius non venga definitivamente distrutta dall'incapacità del ‘suo sindaco' e di chi lo segue! E ‘l'ennesimo Direttore dell'A.M.P.', nel frattempo, cosa fa' Sta assolvendo alle sue funzioni' Per questa ormai raggiunta estate, come si pensa di informare e divulgare l' esistenza e le regole che vigono all' interno dell' A.M.P.' Nessun depliant informativo è stato ristampato, nessuna promozione è stata fatta, il Centro Visita ancora chiuso, con l' aggravante di una ‘minaccia di sfratto' data dal sindaco Cadoni alla cooperativa Diomedea. Ci auguriamo che questa non sia la politica perseguita per annullare quanto di buono è stato fatto nel passato per il bene del territorio e di avere al più presto risposte da chi di competenza. Grazie!

La Cooperativa Diomedea

9 luglio 2002 (riferimento articolo)
Sono il vice presidente del Parco regionale di Bracciano e Martignano e scrivo in questa veste. Professionalmente mi occupo di fonti rinnovabili di energia, e in particolare di eolico, da circa 20 anni. Non ho interessi diretti, in quanto lavoro per una pubblica amministrazione. Credo dunque di poter esprimermi sul tema da un punto di vista privilegiato. Mi permetterò qualche spunto critico nei confronti dei colleghi amministratori di altri Parchi, senza intenti polemici, ma solo per fornire elementi di arricchimento del dibattito. Prima di commentare quanto scritto dai Presidenti de Parchi dei Sibillini e dell'Aspromonte, manifesto subito succintamente il mio parere: sono fermamente a favore dell'eolico, che è la tecnologia più pulita oggi disponibile a costi ragionevoli per produrre energia elettrica. Integrare bene l'eolico nel territorio (anche dei parchi) si può e si deve. E' necessario inquadrare i problemi di tutela del paesaggio in quelli generali di salvaguardia dell'ambiente: non è possibile che un territorio ricco della risorsa vento neghi del tutto l'uso di questo bene, magari mentre i suoi abitanti continuano a richiedere ampia disponibilità di energia prodotta con fonti ben altrimenti inquinanti. Vengo ora ai pareri espressi dai due Presidenti. L'opinione del Presidente del Parco dei Sibillini, Graziani, è articolata e ricca di affermazioni e spunti di riflessione, anche condivisibili. Certo, gli obiettivi di Kyoto devono essere conseguiti con "una forte azione sia sul fronte del risparmio energetico sia su quello della diffusione di tutte le fonti di energia pulita, dall'eolico al solare, dalle biomasse al biodisel": è quello che si sta tentando di fare, con obiettivi ambiziosi e notevoli incentivi, con la consapevolezza che si tratta di risorse che, nel breve periodo, non sono risolutive per i problemi ambientali, ma che devono essere introdotte da subito nel sistema energetico per favorirne la graduale evoluzione verso la sostenibilità. Graziani afferma poi che "i Parchi devono diventare anche nel settore energetico, come peraltro vuole la legge quadro, laboratori di ricerca e di sperimentazione", evitando tuttavia che tale sperimentazione avvenga a discapito dei paesaggi tipici e della loro armonia. Come dissentire da quanto scrive? Il rischio è, però, che alle buone affermazioni di principio seguano considerazioni fuorvianti e pratiche che vanno in direzione opposta.
Si paventa, infatti, che "il territorio italiano, soprattutto quello paesaggisticamente più delicato (i crinali, in particolare quelli appenninici), potrebbe essere profondamente trasformato a seguito della diffusione di impianti industriali per la produzione di energia eolica". Vorrei ricordare che questo pericolo si può evitare con strumenti a gestione regionale, già oggi vigenti, come la valutazione di impatto ambientale (DPR 12 aprile 1996 e DPCM 3 settembre 1999), che possono consentire una diffusione oculata dell'eolico. Si continua ad asserire che l'eolico potrà dare al massimo un contributo del 2% alla copertura del fabbisogno energetico, dimenticando che in Danimarca sono già al 14 % (e vogliono arrivare al 30-40%), in Spagna e Germania al 4% (con obiettivi dell'ordine del 20%): non risulta abbiano avuto problemi di alcun genere, dal momento che in tali Paesi si continua ad operare per sostenere la diffusione dell'eolico fino agli obiettivi indicati. Si tratta di obiettivi che, peraltro, al momento sono irrealistici nella situazione italiana. E tuttavia dobbiamo convincerci che non abbiamo, e non avremo per i prossimi decenni, "la" soluzione del problema energetico: per molto tempo dovremo fare i conti con una domanda energetica che cresce (nonostante le politiche di risparmio energetico, che, lo ribadisco, ci sono e sono in atto: sono a disposizione di chi fosse curioso), ed è giocoforza ricercare il mix maggiormente sostenibile, con un'ampia quota di rinnovabili. Qual è il risultato della rinuncia al contributo dell'eolico? Semplice: la costruzione di nuove centrali tradizionali, con buona pace di Kyoto e dei tanti che si professano tutori dell'ambiente. Tutto ciò tacendo che vi è una direttiva europea che spinge gli Stati membri a sostenere la diffusione delle fonti rinnovabili per conseguire obiettivi fortemente ambiziosi, e comunque non raggiungibili senza l'apporto dell'eolico. Tralascio di commentare la proposta di "realizzare impianti eolici di piccole dimensioni destinati non tanto a produrre energia da immettere nella rete nazionale, ma a servire direttamente insediamenti residenziali o produttivi, singole unità, impianti di illuminazione pubblica": è fin troppo facile dimostrare che si tratta di una strada, tecnicamente complicata e molto costosa, e che comunque ridurrebbe sostanzialmente l'apporto dell'eolico. Né la prospettata "pianificazione a livello regionale e nazionale" (preliminare...: cioè, intanto fermiamo tutto) può essere risolutiva. Voglio ricordare che la pianificazione regionale era prevista dalla legge 10/91 e, a distanza di oltre dieci anni, solo poche regioni si sono dotate di un piano energetico, soprattutto per l'intrinseca difficoltà di dare concretezza a un simile atto, soprattutto per l'eolico. Bisogna infatti intendersi su cosa sia questa pianificazione. Per l'eolico, le regioni possono procedere all'individuazione di massima di macroaree per la collocazione degli impianti, unitamente alle zone di esclusione. In realtà, l'esatta collocazione di impianti eolici sul territorio è resa complessa dalla ovvia necessità di ubicarli, banalmente, dove il vento c'è; e il vento è una risorsa capricciosa, che varia anche spostandosi di poco. L'unico modo per non sbagliare è misurare il vento puntualmente, cosa dispendiosa e che richiede tempi lunghi, che infatti fanno gli operatori. Compito delle pubbliche istituzioni che ricevono le richieste di autorizzazioni è verificare che l'impianto sia collocato in siti compatibili e realizzato in maniera da ridurre al minimo l'impatto paesaggistico: le regole, come dicevo prima, ci sono.
D'altra parte, vorrei ricordare che siamo nel pieno, in Europa e in Italia, di un processo di liberalizzazione dell'intero settore energetico, e nessuno si sogna, a fronte, nel nostro Paese, di proposte di nuovi impianti tradizionali per 120.000 MW (altro che eolico...) di chiedere una pianificazione per gli impianti a gas o a olio combustibile: gli operatori propongono, le pubbliche amministrazioni dispongono.
Qualche commento anche sull'opinione del Presidente del Parco dell'Aspromonte, Perna. Nulla vieta ai comuni e ad altri soggetti pubblici di divenire imprenditori dell'eolico (sebbene, ripeto, si vada verso una liberalizzazione sempre più ampia dell'intero settore energetico), con i vantaggi - e, aggiungo, i rischi - di una impresa del genere. Nulla vieterebbe di usare paletti suggeriti da quali la vicinanza della fattoria eolica alle strade carrozzabili esistenti, non interferenza per i corridoi ecologici (specialmente per i rapaci), scarso impatto paesaggistico per i progetti di privati.
Per favore, però, non affermiamo queste cose partendo dalle solite affermazioni che "hanno scoperto che abbiamo una miniera di vento e pensano di sfruttarla dandoci una miseria". Primo, perché bisogna evitare di colpevolizzare la libera iniziativa. Secondo: cosa succederebbe se un cittadino di Rossano Calabro (ove è installato un impianto tradizionale che, presumo, alimenta anche l'Aspromonte) dicesse: stanno distruggendo il nostro territorio per fornire elettricità a gente che non sta sul nostro territorio? O se un cittadino di Civitavecchia pensasse: ai Sibillini non vogliono l'eolico (poche decine di MW)? Bene, noi non vogliamo il termoelettrico (migliaia di MW), che peraltro alimenta anche le utenze dei Sibillini.
Terzo: teniamo sempre presente che qualunque attività (dico qualunque, anche quelle che presumiamo più pulite) usano risorse del territorio: acqua, aria, suolo, infrastrutture. E però, se un imprenditore proporrà di realizzare una struttura ricettiva, un ristorante, un centro di produzione di oggetti artigianali nessuno dirà che intende depredare il territorio: egli fa semplicemente il suo mestiere: le istituzioni pubbliche facciano il loro, contemperando le esigenze di sviluppo e di tutela.
E' ovvio che la situazione migliore si ha quando si usano risorse non finite, ma che anzi si rinnovano: è appunto il caso dell'eolico, che è una risorsa rinnovabile e, in aggiunta, contribuisce a mitigare problemi planetari come quello dei cambiamenti climatici: penso che ogni territorio abbia il dovere di contribuire alla soluzione di simili problemi con le risorse di cui dispone. Tutto ciò prestando la massima attenzione alle esigenze di tutela del territorio che si amministra: penso che in questo modo i concetti di "sviluppo sostenibile" e "pensiero globale e azione locale" si traducano in fatti concreti.
Sono convinto che il meglio sia nemico del bene, e che la rinuncia a quanto di buono oggi abbiamo per produrre energia pulita (e l'eolico ha senz'altro i giusti requisiti) si traduca in un danno per l'ambiente, per noi e per i nostri figli.
Un saluto e un augurio di buon lavoro ai colleghi amministratori.

Luciano Barra
Vice presidente del Parco regionale di Bracciano e Martignano

5 luglio 2002 (riferimento articolo)
speriamo davvero si tratti di una Conferenza con la "C" maiuscola, nelle quale vi sia tempo e spazio per trattare le problematiche legate alla gestione delle aree protette e non l'ennesima "vetrina" dove si ammira soltanto l'apparente stato di buona salute e non si approfondiscono a sufficienza le reali necessità di coloro che ogni giorno cercano di migliorare l'essenza delle aree stesse.
Saluti

Pasquale Folchi
Vice presidente Parco Veglia Devero

4 luglio 2002
Volevo segnalarvi che la qualità degli articoli che ho letto è piuttosto scarsa! Il registro usato è veramente da bar, mi meraviglio! in più in questo articolo è stato lasciato un refuso: "Affidata da Cosentino a Boitani (cioè dalla Direzione Conservazione Natura del ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio al Dipartimento di Biologia Animale e dell'Uomo dell'Università di Roma "La Sapienza": ma si può dare una notizia così ? ndr), è stata presentata a Roma in un convegno lo scorso 22 maggio al ministero." anche se concordo pienamente con la nota del redattore, chi è Cosentino, chi sarebbe questo Boitani? io lo sa ma quanti lo sanno? Nell'articolo sulla tartaruga si dice che "Dov'eravate la notte del 3 giugno scorso? Rivolta non al sottosegretario Sgarbi ma ai comuni mortali, indubbiamente la domanda è oziosa. In un letto, a parte qualche guardaparco in missione antibracconaggio (Ezio Capello ne racconta di avventurose al Gran Paradiso ne I racconti del guardaparco, Ed. Arti Grafiche San Rocco, 1997) o forse qualche ornitologo a caccia di strigiformi. Ebbene, il piccolo evento di quelle ore per il mondo dei parchi è avvenuto nell'unica area protetta d'Italia, anzi nell'unica area d'Italia che ospita ancora regolarmente a ogni inizio estate un rito antico come il mondo: la deposizione delle tartarughe
marine." come appare chiaro dalla lettura le frasioltre che ad avere poco senso sono assai poco comiche , non si capisce inoltre l'attinenza della citazione del libro con il tema del'articolo! E poi in italiano non si dice guardiaparco e non guardaparco? di cosa si tratta, di un qualche voyeur specializzato a sprendere coppiette in aree protette? Insomma, ritengo quasi offensiva nei confronti dell'utente la pubblicazione di simili articoli . Suggerisco una più attenta revisione dei testi.

Stefano Picchi

Signor Picchi,
la cosa che può fare, se proprio pensa così male di noi, è di non leggerci più. Soprattutto se ritiene
offensivo nei confronti dei lettori (noi li chiamiamo così, signor Picchi, e non utenti: utenti* di che?) lo stile di alcuni articoli. Possiamo accettare qualsiasi critica, anche per la ragione che non tutti gli articoli riescono bene e non tutti i tentativi di porgere una notizia in modo gradevole (ovviamente non in modo comico ma solo spiritoso, signor Picchi, il nostro non è un varietà)
sortiscono il loro effetto. Chi scrive corre costantemente il rischio di esporre al pubblico le proprie
debolezze. Ma quella di essere offensivi non è una critica, è un'accusa che respingiamo ritenendola del tutto gratuita. Ci dica se la notizia è fondata, se poteva essere meglio approfondita, se è vecchia e dunque risaputa. Ci dica, insomma se può stare in un giornale. Ma non ci dica che la offende il fatto che su un giornale che si occupa di parchi, in un articolo che si occupa delle tartarughe in un parco, venga citato il libro di un guardaparco. Già, signor Picchi, proprio di un guardaparco e non di un guardiaparco. Suggeriamo una più attenta lettura del vocabolario.
Per la redazione de "Il giornale dei parchi"

Luigi Bertone

8 luglio 2002
Signor Bertone, seguirò il suo consiglio, cosa le devo dire! Il punto è che secondo me (e anche secondo alcuni amici naturalisti, parte dei quali sono anche giornalisti) lo stile (cioè la forma) degli articoli è scarso al punto che la descizione dei contenuti ne risente. Mi sento di fare questi commenti perchè possono aiutare a migliorare un servizio informativo pubblico come il vostro (per questo parlare di utenti è legittimo e fondato, così come è fondata la sua giusta replica alla mia nota sul meno usato termine guardaparco). Riguardo alla prima parte del mio messaggio, sul refuso pubblicato nell'articolo "primo il lupo" vedo che non fa commenti, ho notato però che la frase che ho citato è ancora presente in rete. Riguardo all'articolo sulla Spagna, approfitto per segnalarle che sono presenti diversi errori nei nomi dei parchi segnalati. Suggerisco la citazione della pagina ufficiale dei parchi del ministero dell'ambiente spagnolo, che sebbene sia solo in lingua originale http://www.mma.es/parques/lared/index.htm offre una mappa attiva con la locazione di ogni parco.
Saluti

Stefano Picchi

26 maggio 2002 (riferimento articolo)
Salve,
solo due parole per elogiare la vostra regione in materia di "vivacita'" legislativa. Insieme al Piemonte ed a poche altre regioni fate scuola nel campo di protezione ambientale gia' da qualche decade. Sarebbe davvero un sogno politico il trasferimento delle vostre acquisizioni legislative in pratiche ambientali anche nel nostro bistrattato sud Italia. Sono stata parzialmente a contatto con il Parco Naz. del Cilento e Vallo di Diano ed anche se le motivazioni non mancano, la miopicita' di alcuni e' spesso causa di rallentamenti nella pratica quotidiana e se poi consideriamo la naturale resistenza dell'apparato burocratico, il quadro si fa decisamente piu' complicato. I vostri PLIS sembramo avere buon riscontro, da quanto leggo, a livello delle amministrazioni comunali chissa' se anche i nostri piccoli e piccolissimi comuni (quelli che di regola costituiscono la maggiornaza nei parchi) avrebbero la volonta' politica e la "forza" interna (in termini di personale) per attuare qualcosa di simile superando cosi' le lentezze di risposta della regione Campania.

Grazie per aver ascoltato la mia riflessione suscitata dalla lettura del vostro articolo e complimenti per le molte iniziative del vostro portale. Chissa' magari un giorno, grazie allo sforzo di tanti, i ricercatori come me relegati all'estero potranno fare ritorno in patria con la possibilita' di un lavoro 'in campo'. Ma la momento considerata la tendenza politica attuale in materia di tagli ai fondi per la ricerca, lasciano un quadro decisamente fosco per il futuro.

Distinti saluti
Graziella Iossa
Mammal Research Unit
University of Bristol
Bristol, UK

25 maggio 2002 (riferimento articolo)
Cari amici,
la vera sfida non è l'unità delle Associazioni ambientaliste storiche, ma piuttosto far decollare, finalmente, "quell'economia di parco" che ancora langue in molte aree protette, poichè essa rappresenta,da sempre, la vera sfida dell'ambientalismo nazionale e mondiale, in quanto è l'unica via per dimostra che lo sviluppo della qualità della vita dell'uomo è possibile, senza per questo depredare l'ambiente ma, al contrario, aiutandolo nella sua naturale evoluzione.

Saluti, Fausto Testaguzza.

25 maggio 2002
Cari amici,
segnalo che il Piano Poliennale Economico Sociale del Parco del Conero recentemente approvato definitivamente è disponibile e downloadabile dal sito web http://www.econ.unian.it/strutture/dipecon/ricerca/quaderni.htm. Suggerisco a chi fosse interessato di visionare prima di tutto il quaderno 10 che contiene le schede progettuali, mentre il n. 1 riguarda l'approccio metodologico. Vi chiedo inoltre di consentire il linkaggio dai siti di pertinenza della federazione nazionale dei Parchi di modo che altri Parchi in procinto di sviluppare il proprio piano socio-economico possano averne conoscenza. La metodologia adottata è stata giudicata particolarmente innovativa ed efficace, tanto da essere stata adottata dalla Banca Mondiale nel progetto di animazione dello sviluppo dal basso chiamato "Framework for a Regional Development Vision" svoltosi recentemente in Croazia: www.frdv.com.
Cordialmente, prof. Franco Sotte

Responsabile scientifico del PPES del Parco del Conero

24 maggio 2002 (riferimento articolo)
Ci sembra un importante passo avanti quello compiuto dalla giunta Bassolino con la rinnovata istituzione delle quattro aree protette. Speriamo vivamente che il lavoro della regione continui nella stessa direzione riuscendo ad istituire nuovamente anche le altre aree protette. In particolare vorremmo richiamare l'attenzione sulla riserva del Sele - Tanagro. Siamo coinvolti in un progetto di ricerca sull'ecologia e distribuzione della lontra nel Parco nazionale del Cilento e nelle aree limitrofe. Il progetto, attuato dal Dipartimento di Biologia Animale e dell'Uomo dell'Universita' di Roma "La Sapienza" in collaborazione con il Parco, e' coordinato dal Prof. Luigi Boitani. La lontra e' un'emergenza nazionale e la Campania ha la fortuna di ospitare una consistente porzione della residua popolazione italiana. I risultati delle attivita' di ricerca dello scorso anno hanno evidenziato una presenza diffusa e continua del mustelide nell'intero bacino del Sele; abbondanti segni di presenza sono stati rinvenuti in tutti i principali fiumi del bacino.La lontra e' presente stabilmente nel Sele fino a Caposele, lungo il Calore-Tanagro anche a monte del Vallo di Diano fino a quote di circa 700 m s.l.m., nel Calore lucano, lungo il Bianco-Platano ed in tutte le fiumare dell'alto bacino del Sele. La conservazione di specie a rischio come la lontra, passa principalmente attraverso la conservazione e tutela degli habitat. La lontra è strettamente legata agli habitat fluviali. Crediamo che l'istituzione di un parco fluviale che comprenda il Sele-Tanagro, ma anche quel 70% di Calore lucano non incluso nei limiti del Parco del Cilento sia un passo fondamentale per la conservazione della specie in Italia.

Romina Fusillo
Manlio Marcelli
Università "La Sapienza"
Dipartimento di Biologia Animale e dell'Uomo

24 maggio 2002
Mi piacerebbe saperne di più, ed anche avere il vostro preciso parere, su quei parchi nati prevalentemente per tutelare i valori culturali del territorio e che sono stati istituiti secondo leggi speciali (finanziare ecc.) non direttamente riferibili a quelle che si adoperano per garantire la tutela dei beni ambientali. per capirci, ad es., il "parco archeomineario delle colline metallifere", il "parco geominerario
storico e ambientale della sardegna". ecc. Potete dedicare un piccolo spazio anche a questi?

grazie, Francesca Leder




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